2011
martedì
ottobre
18

Slow Food Emilia-Romagna contro l’Igp per la piadina

«Non si può equiparare la "Vera Piadina Romagnola" dei chioschi a quella prodotta industrialmente e conservata nei sacchetti di plastica per la vendita nei supermercati». È l'affermazione categorica di Antonio Cherchi, presidente di Slow Food Emilia-Romagna contro l'ipotesi dell'istituzione del marchio Igp alla piadina industriale.
Slow Food Emilia-Romagna, che riunisce tutte le Condotte regionali del movimento, si oppone fermamente, quindi, alla proposta di Igp sulla piadina, in discussione presso il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Questa decisione è condivisa dalla struttura nazionale di Slow Food. Silvio Barbero, vicepresidente Slow Food Italia, infatti commenta: «Difendere la vera piadina tradizionale significa opporsi a una proposta di Igp che rischia di spazzare via saperi e conoscenze che sono patrimonio del territorio, solo per sostenere una logica economica industriale».

Una battaglia che vede fianco a fianco Slow Food e Associazione per la Valorizzazione della Piadina Romagnola, che avevano espresso la loro contrarietà all'Igp fin dalla sua proposta iniziale. Ora il movimento regionale della Chiocciola si attiverà per cercare di condizionare la decisione finale del Ministero ed eventualmente anche della Comunità Europea, con l'obiettivo di non far passare il riconoscimento del marchio Igp alla piadina industriale.

La posizione di Slow Food è nota e riportata anche sulla scheda dedicata alla Piadina in una delle guide Slow Food più importanti e più vendute a livello nazionale: Osterie d'Italia. Questa Igp non protegge la vera piadina. Perché non vengono salvaguardate freschezza, quotidianità, manualità e territorialità. La "Vera Piadina Romagnola" è quella dei chioschi e di quei ristoranti che la producono, con queste peculiari caratteristiche, tutti i giorni.

Il disciplinare proposto per ottenere il riconoscimento del marchio a Indicazione Geografica Protetta non tutela affatto il prodotto simbolo della gastronomia romagnola, perché si concentra, di fatto, solamente sulla distinzione tra "piadina romagnola" e "piadina romagnola alla riminese" definendo diametro e spessore dell'una e dell'altra, e l'area di produzione dei due tipi: in tutto il territorio delle province di Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena e nei comuni della provincia di Bologna a Sud del fiume Sillaro.

Un marchio, per tutelare davvero, deve prevedere ben altre caratteristiche, a cominciare dalla qualità degli ingredienti e dalle modalità di produzione: la "Vera Piadina Romagnola" è quella prodotta quotidianamente, manualmente, con gli ingredienti del territorio e della tradizione, che viene consumata subito, appena tolta dal testo. Per chi vive in Romagna questo non è solo un ricordo del passato perché, per fortuna, sono tanti i chioschi dove ancora viene prodotta con sapiente genuinità. Ogni zona e ogni produttore ha la propria ricetta e il proprio modo di "fare" la piadina, ma su certi requisiti non si può transigere. Se si vuole proteggere la tradizione con un marchio, non si può tralasciare di prevedere nel disciplinare certe caratteristiche, compresa la definizione e l'origine degli ingredienti utilizzati.

Purtroppo il disciplinare, così com'è stato redatto, invece di indirizzare i consumatori verso la vera tipicità, rischia (se va avanti) di tutelare esclusivamente la piadina prodotta industrialmente, venduta in sacchetti di plastica nei supermercati e sui banchi degli autogrill in autostrada.

I chioschi e le piadaiole sono l'orgoglio e il baluardo della tradizione più autentica della Romagna. La manualità è prevalente, anche durante la cottura, il cui buon esito dipende dal fattore umano che nessun "timer" potrà mai sostituire. Se una volta la piadina si cucinava esclusivamente sul "testo" di terra refrattaria scaldato sulle braci, oggi si cuoce soprattutto sulla piastra di metallo e le piadaiole specialiste si sono sostituite alle casalinghe, ma la tradizione viene rispettata. Se c'è qualcosa che va tutelato è il saper fare di queste piadaiole e le loro magnifiche creazioni, che meriterebbero un monumento. Altro che Igp!